Castel Ruggero, Clemente Pellegrini: <<Vogliamo dare al nostro prodotto un’individualità. Il nostro olio ai ragazzi del Belmonte? I nostri olivi sono a pochi metri da dove si allenano…La nostra sfida è spostare il nostro mercato vicino all’azienda>>
Nella splendida cornice di Castel Ruggero, sulle colline di Bagno a Ripoli, Clemente Pellegrini, proprietario dell’omonima azienda di olio, ha parlato a tutto tondo dei temi legati al fare impresa sul territorio, alla sostenibilità ambientale, all’etica del suo lavoro e molto altro. Queste le sue parole.
Non è mai facile gestire un’azienda, soprattutto in un momento come questo in cui sui prodotti che producete c’è una concorrenza sleale. <<Due problemi diversi. Sull’azienda penso che chiunque abbia deciso di fare l’imprenditore non si accontenti di avere un’azienda ma vuole avere un’impresa. Non solo un insieme di beni ma vuole dare un senso a questi. È un’aspirazione personale. Sul contesto di mercato. Il libero mercato non aiuta chi rispetta più regole, favorisce indubbiamente chi è più furbo, i Paesi che tutelano poco o nulla i diritti, dove ci sono meno regole perché i prodotti costano meno. In più noi produciamo olio extravergine: si può scrivere olio extravergine senza far controllare che lo sia effettivamente. Siamo in un mercato completamente drogato e la normativa è lacunosa. Nessuno è tenuto a controllare prima del consumo e infatti succedono tanti scandali. L’Europa, l’Europa politica non quella dei popoli, vive nel retaggio della CEE, di essere un’unione economica prima che politica ma sono convinto che con il tempo le persone correggeranno questa stortura. Chi rispetta più diritti non dev’essere sfavorito. L’etica è fondamentale: in agricoltura noi abbiamo sempre a che fare con l’etica. La Natura non vive di corruzione o ideologia: la natura è uguale per tutti. Il sole è uguale per tutti, la pioggia è uguale per tutti. Interpretare l’etica in maniera corretta permette di interpretare la natura, e quindi l’agricoltura, in maniera più lineare>>.
In un mercato così complesso come siete riusciti a sopravvivere? La vostra ricetta per il successo. <<Siamo sopravvissuti perché ci siamo saputi reinventare. L’azienda ti dà degli spunti mentre l’imprenditore ne sa cogliere altri. Dall’unione tra l’azienda e l’imprenditore nasce l’impresa. Abbiamo deciso di chiudere il ciclo sull’olio uscendo con una nostra etichetta. Abbiamo deciso quindi di produrre e imbottigliare tutto ciò che vediamo in fiore. Chi compra il nostro prodotto sa che tutto proviene da Castel Ruggero. Sembra una banalità ma nessuno lo fa. Altri uniscono olio greco, spagnolo, tunisino. Noi vogliamo raccontare qualcosa di più: vogliamo dare al nostro prodotto un’individualità. Noi non vogliamo essere migliori, vogliamo essere diversi e riconoscibili esaltando la nostra riconoscibilità. La tipicità si ottiene con processi di qualità e la tipicità è un sottoinsieme della qualità. Per questo è tutto BIO e DOP Chianti Classico. Tutte le olive provengono dal Chianti nel rispetto di una serie di direttive. L’olio viene analizzato con un panel test che certifichi che sia del territorio. Un sentore di foglia di pomodoro, che in verità, è un ottimo sentore che però non è tipico del Chianti, comporterebbe una bocciatura>>.
Avete deciso di donare alcune bottiglie del vostro olio “Ruggente” al Belmonte, la locale squadra che quest’anno è passata in prima categoria. Un bel gesto… <<Abbiamo deciso di festeggiare insieme al Belmonte. Il legame delle aziende con le persone del territorio, specialmente i ragazzi, è quanto di più bello. La Belmonte ha fatto un campionato straordinario e i nostri oliveti sono a poche centinaia di metri da dove si allenano. Vogliamo vivere insieme, compartecipare la loro gioia. Se poi la prossima stagione non sarà all’altezza noi saremo sempre qui e comunque vada sarà un successo. Noi saremo qui sempre senza spostarci e la Belmonte sarà sempre qui accanto ai nostri olivi. Vogliamo giocare insieme alla Belmonte>>.
Etica nell’agricoltura e nello sport. <<L’etica dello sport si basa sul rispetto e sulla competizione senza odio. È l’etica dell’abnegazione e del sacrificio. Tutte cose che potrei dire da allenatore di calcio, che non sono, e da agricoltore che sono. La qualità, il risultato che non arriva la prima volta anche quando ti alleni e dai il massimo ma non devi mollare perché a lungo termine il lavoro paga sempre. Nel calcio come nell’agricoltura vince il più forte e vince oggi e domani è un’altra sfida. Questa è la sfida che si rinnova ed è bello. Per questo l’etica sportiva è vicina. Nel calcio in più si è una squadra, un’entità unita, con un sentimento comune. Il calcio è qualcosa di intimamente sociale: chi è ricco e chi è meno abbiente vestono la stessa maglia; questo è bellissimo: il gesto individuale unito al sacrificio. Per questo lo sport è indispensabile per l’educazione>>.
Per restare al tema dello sport, quanto è importante un prodotto sano e a km zero per un atleta come quello che producete ma come tanti altri ce ne sono nel territorio? <<Ci possiamo legare all’etica: utilizzare ingredienti che provengono da vicino ha un valore etico importante. Non tutto si può coltivare qui ma tanto sì. Non sempre il km zero è meglio perché i prodotti sono tipici e riconoscibili. Penso che ci sia un valore etico, mi sembra assurdo comprare olio che viene da lontano perché costa poco meno. L’altro aspetto che oli fatti in maniera molto moderna e con attenzione, oltre a rispettare indubbiamente l’ambiente, hanno delle caratteristiche intrinseche che sono inconfrontabili con quelle degli oli del supermercato. Un olio che produciamo ha centinaia di volte più vitamine>>.
Per un’azienda come la vostra l’innovazione tecnologia è una sfida decisiva. Abbiamo citato il Belmonte: loro sono stati la prima società a rivolgersi alla start-up innovativa Sporteams. Cosa avete fatto voi? <<Abbiamo fatto tanto e il tanto che abbiamo fatto è niente però rispetto a quanto potremmo ancora fare. Il primo investimento è guardarsi e, quando si vuol fare qualcosa sul campo o non farlo, chiedersi perché farlo o perché non farlo. In agricoltura si tende a fare come si è sempre fatto. Io arrivo da un altro mondo e questa risposta non mi soddisfa. Non bisogna aver paura di formarsi, di studiare, di rivolgersi a professionisti bravi e ce ne sono tanti sul territorio. Formarsi il più possibile è stato il nostro primo investimento. Quindi abbiamo convertito l’azienda ai protocolli di agricoltura biologica, un passaggio lento ma non difficile perché Castel Ruggero si presta bene. In più abbiamo deciso di utilizzare per l’estrazione dell’olio dispositivi piccoli ma molto moderni che ci consentono di fare tante piccole spremiture al giorno. Così accorciamo i tempi tra la raccolta e la spremitura. Le olive vengono rotte nel frantoio: ci sono diversi modi per romperle. Possiamo selezionare il modo di rottura a seconda del tipo di oliva che abbiamo e dell’olio che vogliamo ottenere. Successivamente alla rottura una fase di gramolazione in cui le olive tritate insieme al nocciolo vengono rimescolate. Abbiamo un sistema di controllo del tempo durante il quale avviene la rottura, possiamo capire se agire nei contenitori che hanno la pasta di olive. Questa viene poi centrifugata e in quel momento possiamo decidere la velocità. Poi possiamo anche cambiare il tipo di filtro per assorbire l’acqua residua dell’olio. Il nostro obiettivo è fare il lavoro giusto con lo strumento giusto perché esiste un processo di lavorazione specifico per ogni oliva>>.

Anche comunicare bene è una necessità. Come riuscite a comunicare il vostro lavoro e i vostri successi? <<La comunicazione è una novità. Una novità costante: cinque anni fa era una cosa, tra cinque anni sarà qualcosa di completamente diverso da adesso. Per noi comunicare è importante. Non solo dal punto di vista commerciale ma anche etico perché vogliamo condividere ciò che facciamo. L’azienda agricola, agendo sul territorio, ha una valenza sociale: noi coltiviamo il paesaggio che è patrimonio di tutti. Condividere è un nostro dovere. Nel comunicare c’è una sorta di stortura: siamo più noti in Giappone che qui a Bagno a Ripoli. Comunicando bene vorrei avvicinarmi sempre più alle persone di qui. Spesso nel comunicare si pensa solo alla vendita invece a noi interessa far sapere che siamo qui, ciò che facciamo>>.
Quali sono le vostre prossime azioni per continuare a crescere. C’è chi sostiene che si debba puntare sempre più sul glocal. <<Indubbiamente è vero. Anche se le sintesi mi fanno sempre paura perché possono essere al contempo affascinanti e fuorvianti. La strategia a medio-lungo termine per un’impresa è sempre far crescere il fatturato perché gli investimenti si parametrano al fatturato. In agricoltura gli investimenti sono sempre impiantistici e sono spesso onerosi; per questo dobbiamo aumentare il nostro fatturato. Abbiamo il progetto di fare una nuova oliveta moderna con una varietà toscana che è stata selezionata e studiata per essere coerente con le nuove necessità agronomiche. I nostri olivi prima furono scelti perché c’era una manodopera manuale, che costava molto poco, adesso servono olivi più idonei ad una meccanizzazione più spinta, benché le macchine vadano sempre utilizzate con parsimonia: le macchine consumano gasolio, le macchine pesano sul terreno quindi lo comprimono. Una varietà che non si ammala tanto, che produce regolarmente, che non va nutrita troppo: un connubio tra sostenibilità ambientale/economica e qualità. La sostenibilità ambientale prevede che la fine di un ciclo non abbia ricadute negative sull’ambiente. Di solito non consideriamo il commercio come costo ambientale: esportando un prodotto quanto gasolio va in atmosfera? Quanto costa in termini ambientali comprare un prodotto che viene da fuori? Ci domandiamo davvero quanto costa? Questa è la sfida che ci poniamo: spostare il più vicino possibile le nostre quote di mercato>>.